top of page

Questo terzo incontro del seminario su psicoanalisi della memoria è probabilmente il più impegnativo dell'intera serie proprio perché l'arte è lo snodo fondamentale tra memoria e desiderio, quindi al centro della riflessione psicoanalitica.

Prima parte

LETTURE: ESIODO – TEOGONIA   /   PINDARO – PITICA 1

 

MNEMOSINE (Μνημοσá½»νη, MnemosyÌ„ne) - Personificazione mitologica della memoria. Appare per la prima volta nella Teogonia esiodea (915-917) come madre, da Zeus, delle nove muse, e figlia di Urano e di Gea. Gli epiteti di καλλá½·κομος, λιπαρá½±μπυξ, χρυσá½¹πεπλος, βαϑυπλá½¹καμος, ecc., sono tutti rivolti a qualificarne le doti fisiche, di bella e amabile compagna di Zeus. Nel culto, come già nella mitografia, ella è strettamente associata alle muse sue figliuole. In Atene era onorata da libazioni di acqua o latte e miele senza vino (νηÏ•á½±λια á¼±ερá½±). A Livadia, sede del celebrato oracolo di Trofonio, si facevano bere coloro che venivano a consultarlo prima all'acqua del Lete, e poi a quella di Mnemosine, perché dapprima dimenticassero ogni pensiero estraneo, e poi conservassero memoria di quel che quivi vedevano e udivano. Scarse sono le tracce di rappresentazioni figurate della dea; la più nota, d'identificazione accertata per via epigrafica, è una statua del Museo Vaticano, che rappresenta la dea avvolta nel peplo in atto concentrato e pensoso. Un'erma dedicata a Mnemosine proviene dall'Elicona.

​

Il nome di Μοῦσαι (eolico, Μοá¿–σαι, per contrazione da Μá½¹νσαι) sembra debba farsi risalire, come anche quello di Mnen) osine, alla radice μεν-μαν, sicché le Muse sarebbero "coloro che meditano, che creano con la fantasia".

In Esiodo troviamo, per la prima volta, i nomi delle nove Muse (e forse il poeta stesso li ha inventati): Clio, Urania, Melpomene, Talia, Tersicore, Erato, Calliope, Euterpe e Polinnia. Anche il loro numero di nove non divenne canonico se non in conseguenza della tradizione esiodea: sembra infatti che il numero originario delle Muse, come quello delle Grazie e delle Ore, sia stato di tre; in tale numero, esse seguitarono ad essere venerate in parecchi santuarî; sette se ne conoscevano a Lesbo, quattro o otto in altri luoghi; nei poemi omerici esse compaiono in numero indeterminato e soltanto una volta se ne dà il numero preciso di nove (Odissea, XXIV, 60).

​

Dapprima, si pensarono le Muse come cantatrici e danzatrici: danzando intorno all'altare di Zeus - come le descrive Esiodo - esse cantavano l'origine del mondo, e la nascita degli dei e degli uomini, tutte le cose sapevano, e non solo le passate e le presenti, ma anche le cose future.  In seguito divennero, più genericamente, le dee del canto, invocate e presenti in tutte le occasioni, liete e tristi, nelle quali fossero a proposito la musica e i canti; i loro nomi furono allora messi in rapporto con i diversi generi di poesia, l'epica, la lirica, la drammatica.

​

Soltanto in età ellenistica però fu definito per ogni Musa il campo specifico della poesia, nella quale si esercitava la sua ispirazione e la sua protezione: e così Clio fu la Musa del canto epico (e, per estensione, anche della storia), Urania dell'epica astronomica (come la concepì e ne produsse Arato) e della didascalica in genere, Melpomene e Talia rispettivamente della tragedia e della commedia, Tersicore della lirica corale, Erato della poesia amorosa (poi anche della geometria e della mimica), Calliope dell'elegia, Euterpe del suono del flauto e della lirica in genere (specie monodica) e Polinnia della danza e del canto sacro. Queste attribuzioni non furono del resto mai fisse; furono di continuo cambiate a capriccio dei poeti e si allargarono, come si è accennato sopra, dal campo della poesia a quello della prosa e delle scienze: e come Clio passò a proteggere la storia, così ad Urania divenne sacra l'astronomia e a Talia l'agricoltura. La religione romana non conobbe un culto delle Muse.

​

MEMORIA:

Latin memoria "memory, remembrance, faculty of remembering," abstract noun from memor "mindful, remembering," from PIE root *(s)mer- (1) "to remember."

​

Sanskrit smarati "remembers;" Avestan mimara "mindful;" Greek merimna "care, thought," mermeros "causing anxiety, mischievous, baneful;" Latin memoria "memory, remembrance, faculty of remembering," memor "mindful, remembering;" Serbo-Croatian mariti "to care for;" Welsh marth "sadness, anxiety;" Old Norse Mimir, name of the giant who guards the Well of Wisdom; Old English gemimor "known," murnan "to mourn, remember sorrowfully;" Dutch mijmeren "to ponder."

​

IN SANSCRITO la  radice *men significa pensare e dà origine a MAUNA = SILENZIO  e MUNI =SAGGIO

​

IN GRECO  MNAOMAI significa ricordare ma più spesso DESIDERARE quindi di ricorda perché si desidera  - MNEME è il ricordo – MNEMA è la tomba, il monumento funerario

​

IN LATINO  MENS è la MENTE e MONERE è far ricordare (ammonire)

 

LETTURA:  Borges EL ADVENIMIENTO

PITTURE RUPESTRI

​

Le pitture rupestri sono pitture riportate sulle pareti di grotte risalenti  alla preistoria a partire dal Paleolitico. Nelle stesse grotte sono stati anche rinvenuti graffiti rupestri.

 

Nel dicembre 2019  è stato annunciato il rinvenimento di pitture rupestri risalenti a 35.000 - 44.000 anni fa, le più antiche del  Mondo, nell'isola di Sulawesi in Indonesia.

I soggetti più comuni nelle pitture rupestri paleolitiche sono i grandi animali selvaggi, come il buoi, bisonti. Sono spesso presenti anche impronte umane. L'antropologo Leroi-Gourhan ha riconosciuto delle regolarità nelle rappresentazioni di bovini ed equini e nelle associazioni di questi rispettivamente al sesso  femminile e al sesso maschile.

 

I più noti siti con pitture rupestri paleolitiche si trovano a:

 

ARTE COME RI-PRESENTAZIONE

​

Ars-artis sia prodotto, sia capacità   PIE= *ar(É™)-ti- (Sanskrit rtih "MANIERA-MODO Greek artizein PREPARARE), radice *ar- "mettere insieme" Latino arma "arma”

​

RAPPRESENTAZIONE:

PIE= pre-es   LAT = praeesse =essere dinanzi       re- praesentare = ri- mettere-dinanzi  rappresentare

TEMPO, MEMORIA, RAPPRESENTAZIONE

​

TEMPO:

Dal latino tempus, parola riconducibile alla radice indoeuropea tem– (taglio, sezione), da cui i termini greci τεµνω (separo) e τεµενος (recinto)

PIE *di-mon-, suffixed form of root *da- "to divide."

ARISTOTELE: la misura del movimento rispetto al prima e al dopo – anche se il tempo non è lo stesso del movimento, i due sono interdipendenti: se non ci fosse il movimento il tempo non esisterebbe.

NEWTON: il tempo assoluto (o matematico) scorre in modo uguale indipendentemente da qualsiasi oggetto esterno, corrisponde alla “durata”. Il tempo comune è la misura di questa durata attraverso il movimento, noi usiamo normalmente questo tipo di tempo.

 

Quatuor pour la fin du Temps, Messiaen

 

Quando nel settembre del 1939 la Francia entrò in guerra, Messiaen fu chiamato alle armi e pochimesi dopo, nel maggio del '40, durante un'offensiva tedesca venne catturato dal nemico. Insieme ad altri prigionieri fu trasferito nel campo di concentramento Stalag VIII-A di Görlitz (al confine Sud-Ovest della Polonia), dove rimase per un anno. L'ufficiale responsabile dello Stalag era unappassionato di musica e, venuto a sapere delle competenze di Messiaen (come di altri tre prigionierinmusicisti), lasciò lavorare il compositore in vista di un concerto al campo. Messiaen scrisse per i musicisti conosciuti durante la prigionia (un violoncellista, un violinista e un clarinettista) dapprima un breve trio (confluito successivamente nell'opera come quarto movimento) e poi, con l'aggiunta di un pianoforte (suonato da Messiaen stesso), realizzò il Quartetto.

​

Il Quatuor pour la fin du temps fu portato a termine agli inizi del nuovo anno ed eseguito il 15 gennaio del '41, in un edificio del campo che veniva usato come auditorium, di fronte ai prigionieri dello Stalag VIII-A. Gli altri musicisti a eseguire il Quatuor con Messiaen furono Henri Akoka (clarinetto), Jean le Boulaire (violino) ed Étienne Pasquier (violoncello): nessuno dei tre era un musicista professionista. I nazisti permisero a Pasquier di acquistare un violoncello da un liutaio di Görlitz grazie a una colletta tra i prigionieri e il pianoforte su cui suonò Messiaen era talmente vecchio e malmesso che ogni tanto i tasti, una volta premuti, restavano abbassati.  Il Quatuor consta di otto movimenti, ognuno dotato di titolo e introdotto da una breve dedica o da una spiegazione/ambientazione scritta di proprio pugno da Messiaen nella prefazione al Quartetto stesso.

​

TOMMASO D’AQUINO:  Eternità e tempo sono due misure assolutamente diverse della durata. Eternità è simultanea totalità, mentre il tempo ha un prima e un dopo.

​

Non voglio in nessun modo fare un commento musicale al libro dell’ Apocalisse ma soltanto giustificare il mio desiderio per la fine del tempo … per la fine dei concetto di passato e di futuro: cioè per l’inizio dell’eternità … il mio pensiero inziale fu l’abolizione del tempo in se stesso, qualcosa di infinitamente misterioso e incomprensibile per la maggior parte dei filosofi del tempo, da Platone a Bergson.

​

Basandosi su san Tommaso d'Aquino come su Bergson, Messiaen sviluppa la propria personale concezione partendo dalla distinzione tra eternità e tempo: la prima è sincronica e quindi simultanea e immobile, non necessita di un inizio né di una fine; il secondo distingue invece momenti diacronici: un prima e un dopo. Il tempo umano (che è quindi estraneo all'eternità cui il credente aspira) giace e scorre sulla superficie dell'immoto; il singolo credente, così come l'intera umanità, torna all'eternità rispettivamente con la fine del proprio tempo e con la fine del tempo.

​

 Il tempo regolare si muove verso il futuro e non torna mai indietro. Il tempo del pensiero va in tutte le direzioni: indietro, avanti, di divide in pezzi a volontà… nella vita dopo al Resurrezione, noi vivremo in una durata malleabile e trasformabile. L’abilità del musicista che retrograda e permuta la durata ci prepara, in piccola misura, a quella situazione.

​

Il primo essenziale elemento nella musica è il ritmo e il ritmo è innanzitutto un cambiamento nella durata e nel numero. Supponete che suonasse una sola nota in tutto l’universo. Una nota, con l’eternità prima e dopo. Un prima e un dopo. Questa è la nascita del TEMPO. Immaginate ora che, quasi immediatamente, suoni una seconda nota. Siccome ogni nota è prolungata dal silenzio che la segue, la seconda nota sarà più lunga della prima. Un altro numero, un’altra durata: questa è la nascita del RITMO.

​

Il musicista possiede un misterioso potere: per mezzo del ritmo, egli può fare a pezzi il tempo in punti diversi e può persino rimetterlo insieme in ordine inverso, un po’ come se potesse passeggiare attraverso il tempo o come se egli stesse trasformando la sua memoria del passato in una memoria del futuro.

​

Il musicista conosce in anticipo il passato e il futuro, che sono simultaneamente presenti alla sua coscienza, ed è in grado di trasformare il presente in modo tale da comprender il passato e il futuro e riorganizzare il prima e il dopo… egli può spingere la propria ricerca in tutte le direzioni offerte dall’inversione o dalle permutazioni della durata, avanzando o retrogradando il movimento, dal centro alle estreme e dalle estreme al centro, e molti altri movimenti che ingannano il vecchio padre tempo.

​

L'effetto contemplativo e spirituale cercato da Messiaen nella propria musica viene realizzato principalmente tramite l'utilizzo di ritmi non retrogradabili, moduli ritmici non tradizionali, modi a trasposizione limitata, armonie non tonali (e specificamente statiche, come quelle della musica orientale, in particolare giavanese e giapponese). 

IL CIRCOLO DELLA RAPPRESENTAZIONE

 

Gli esseri umani (forse ogni vivente) desiderano, cos’è il desiderio? È ATTESA del piacere (ma è già un piacere in questa attesa, sbagliato pensare che il desiderio sia solo mancanza, però è ANCHE mancanza).

​

Dall’attesa nasce il TEMPO (non quello cronologico che è solo una misura ma quello percepito, non mi piace chiamarlo soggettivo perché sembra che sia qualcosa di meno importante, invece è vero il contrario). Cosa genera il tempo? La RAPPRESENTAZIONE, cioè ciò che la mente genera per colmare il vuoto dell’attesa: si crea un cerchio

​

Il desiderio e la rappresentazione non sono unidirezionali come il tempo; essi si diramano per vie molteplici. Il tempo sorge per dare una struttura al desiderio. Quindi, la rappresentazione ha come suo senso il tempo ma non coincide con il tempo, si distende nel tempo, ma tenta, perennemente, di liberarsi da esso.

​

La rappresentazione sorge nell’attesa, quando l’attesa viene percepita come tale. Il pensiero si realizza TRAMITE rappresentazioni (le idee cosa altro sono?).

​

Il sogno è forse la prima forma di pensiero/rappresentazione (ma non si può solo sognare se non si ha fatto esperienza, se no cosa si sognerebbe? Ma come si fa a fare esperienza se non si ancora un modo di rappresentare?  Ricordatevi il problema della RIMINISCENZA in Platone, si ritorna sempre lì).

​

I sogni si sono formati per primi; poi, lentamente, dalle rappresentazioni del pensiero, nel sonno o nella veglia, si passò a brevi rappresentazioni da svegli (osservate come il processo si ripeta nei bambini piccolissimi che “scoprono” il gioco): il canto, il lamento, il passo o il gesto danzante; si incominciò ad usare suoni e gesti per esorcizzare la paura dell’attesa (l’attesa fa anche paura perché non sappiamo se il desiderio potrà realizzarsi, potrebbe persino accadere qualcosa che lo distrugga per sempre; il bambino teme sempre che il suo oggetto d’amore, che si prende cura di lui, possa sparire: pensate alla paura del buio, cos’altro è?).

​

Il ritmo è costituito dall’alternarsi della pausa e della presenza: pausa che diventa presenza e presenza che si trasforma in pausa. Il ritmo è l’attesa dell’oggetto d’amore.  Tutto viene ritmato; ma il ritmo è subito, è prima: nel distendersi stesso del piacere. Se non ci fosse il ritmo il piacere, è vero, non percepirebbe sé stesso, proprio come in musica non ci sarebbe suono se non ci fosse la pausa.

​

Il ritmo è il tempo nel momento stesso in cui è sentito, nel momento, quindi, in cui, quasi, non è ancora tempo. La musica è la rappresentazione del tempo attraverso il ritmo. La musica fa del tempo la sua ossatura; Il tempo della musica è il ritmo.

​

La musica e la danza sono forse le forme più antiche con cui l’uomo nella vita da sveglio ha rappresentato l’attesaGUARDATE LE PITTURE RUPESTRI: SONO RITMATE, SONO “DANZE”.

Seconda parte

ORIGINE  DELL’ARTE

​

Quando l’attesa viene percepita come tale nascono MUSICA, TEMPO E RITMO.

​

MUSICA, TEMPO E RITMO generano la RAPPRESENTAZIONE che è inizialmente gesto / suono ritmico (pensate sempre agli infanti). Questi suoni e questi gesti si organizzano a raccontare storie, cioè sequenze di fantasie che realizzano desideri o paure (realizzare una paura significa cercare di dominarla facendola propria): le storie servono a tener lontano un pericolo.  

​

I DESIDERI POSSONO ESSERE FRUSTRATI DALLA REALTA’

​

IL DESIDERIO, QUANDO È FRUSTRATO, SENTE RIVOLGERGLISI CONTRO UN ALTRO DESIDERIO, O MEGLIO SENTE CHE È IL DESIDERIO DI QUALCUN ALTRO CHE GLI SI OPPONE, ANCHE QUANDO NON È COSÌ. L’uomo è programmato per la relazione: tutto l’individuo, tutto l’organismo umano, è programmato per la relazione, strutturato per reagire in rapporto con l’altro da sé, inanimato o animato che l’altro sia. La psiche, in particolare, è programmata per l’interazione con gli altri esseri viventi e l’uomo accetta con fatica l’idea che alcune delle cose che lo circondano siano inanimate.

​

Gli esseri umani hanno due fondamentali modi per affrontare la frustrazione del desiderio (la perdita dell’oggetto d’amore):

  1. la difesa non tenta di negare il rapporto con l’altro; tenta piuttosto di rappresentarlo, colmando così il vuoto creato dalla tensione dell’attesa: ed ecco la rappresentazione-storia (il teatro, la cultura, la scienza). La rappresentazione colma l’attesa, divenendo egli stesso piacere anche se, paradossalmente, riproduce una miriade di altre e successive attese.

  2. la difesa mette in atto meccanismi che distaccano dal rapporto con l’altro: ci si allontana e ci si distacca dalla possibile origine della frustrazione, in due modi fondamentalI:

    1. La volpe e l’uva: negare il desiderio verso l’oggetto di amore, rivolgersi su stesso

    2. Odio, invidia e aggressività e autopunizione

 

QUINDI L’ARTE (LA RAPPRESENTAZIONE CHE STA ALL’ORIGINE DELL’ARTE E DELLA CULTURA) NASCE COME DIFESA (PIACEVOLE) DALLO SCACCO DEL PIACERE.

​

LETTURA:  FREUD – I DUE PRINCIPI DELL’ACCADERE PSICHICO

​

​

ARTE-GONIA

​

SOGNO

La prima forma di rappresentazione è il sogno / pensiero che sorge nell’attesa. Il sogno è torse la prima forma concreta di teatro: nel sogno l’uomo racconta a se stesso, vivendo li, i propri desideri. Questa è la nascita del TEATRO PRIMO che è la rappresentazione del pensiero: è una fantasia che coincide, quasi, con la realtà; ma che non è la realtà. Questo TEATRO PRIMO è la prima forma di conoscenza.

​

FELLINI – IL LIBRO DEI SOGNI

​

Salomon Resnik (Buenos Aires, 1º aprile 1920 – Parigi, 17 febbraio 2017)

​

RAPPRESENTAZIONE - TEATRO

​

DITIRAMBO  s. m. [dal lat. dithyrambus, gr. διϑá½»ραμβος, voce di etimo incerto]. Nella letteratura classica greca, genere di poesia lirica corale, che celebrava originariamente Dioniso e il culto dionisiaco (e trattò poi anche altri soggetti, estranei a Dioniso); i ditirambi, scritti in metri varî, erano cantati da un coro che danzava in cerchio, accompagnato dalla musica.

​

Aristotele: "È la tragedia l'imitazione (μá½·μησις, parola resa di solito con "imitazione", ma meglio: "rappresentazione") d'un'azione seria e compiuta, avente una certa ampiezza (cioè: contenuta entro certi limiti), in discorso abbellito in differenti modi nelle varie parti (ciò si riferisce alle differenze di metro e di dialetto tra le odi corali e il dialogo), esposto da persone in atto e non in forma di racconto, la quale per via della pietà e del terrore opera la purgazione (κá½±ϑαρσις) di queste passioni".

​

Proclo: "La tragedia e la commedia contribuiscono a purgare le passioni che non possono interamente reprimersi, né d'altra parte soddisfarsi senza pericolo, ma abbisognano d'uno sfogo moderato. Questo esse conseguono nelle rappresentazioni drammatiche, e così ci lasciano indisturbati per il resto del tempo".

​

Benedetto Croce: purificazione DELLE passioni

​

Psicodramma (Moreno):  DALLE passioni (teatro terapia)

​

TRAGEDIA. - Origine. - È una delle questioni più oscure e più dibattute negli ultimi tempi. La parola τραγῳδá½·α ("tragedia") è attica, mentre δρᾶμα ("dramma") è parola peloponnesiaca; l'etimologia è incerta, benché siano evidenti le parole da cui deriva (τρá½±γος "capro", á¾ δá½µ "canto"). Secondo un'interpretazione che risale agli Alessandrini del sec. III a. C. e che dominò incontrastata fino a qualche tempo fa, tragedia significherebbe "canto per il capro": sia che s'intendesse, poi, il capro come premio della gara di canto (Orazio, Arte poetica: carmine qui tragico vilem certavit ob hircum), sia che s'intendesse "canto per il sacrificio d'un capro". Secondo, invece, un'altra etimologia, certo più antica della precedente, che tra i moderni fu risuscitata la prima volta dal Bentley, tragedia significherebbe "canto dei capri", cioè di attori mascherati da capri (τρá½±γοι): tale etimologia è attestata nell'Etymologicum Magnum (764, 6): "per lo più i cori erano composti di satiri, che chiamavano capri". Le due etimologie rivelano due concezioni diverse dell'origine della tragedia: la seconda, aristotelica, riconnette l'origine della tragedia con i satiri del dramma satiresco; la prima, più tarda, separa nettamente il dramma satiresco dalla tragedia.

​

La tradizione storica pretenderebbe che il teatro sia scaturito dal RITO RELIGIOSO. Nei tempi antichi, si racconta a sostegno di questa tesi, avevano luogo rappresentazioni sacrificali. Presso i villaggi, in luoghi aperti e sacri, talvolta presso qualche grande albero, la gente si radunava per sacrificare a qualche dio (alcuni dicono a Dioniso). Il sacerdote raccontava le imprese del dio, il popolo punteggiava questo racconto con canti. In seguito, il racconto divenne rappresentazione, i fedeli, da partecipanti al rito che erano, si trasformarono in spettatori. I compiti si differenziarono in modo più netto: nacquero gli attori, qualcuno scrisse i testi e le musiche, sorse il teatro; in seguito sorsero i teatri.

RITO

​

In realtà, il RITO RELIGIOSO nasce dalla RAPPRESENTAZIONE (TEATRO PRIMO), il teatro della rappresentazione mentale (sogno/pensiero) che abbiamo appena detto. L’apparente autonomia che i gesti rituali sembrano conservare nei confronti della loro fonte piacevole serve a realizzare la loro funzione di esorcismo. L’essere umano sente fin da subito che la frustrazione del desiderio non è causata soltanto dalla propria debolezza; ma, soprattutto, da una forza esterna cattiva e vendicatrice. Il rito soddisfa parte del desiderio e, nello stesso tempo, protegge dalla punizione. Spesso, le motivazioni del rito, quelle remote come quelle immediate, non sono neppure più percepite ed il rito stesso realizza tutto il suo significato perché difende dalla paura che il piacere venga frustrato appagandolo in modo autonomo.

​

SONO GIA’ TUTTE COMPRESE NEL TEATRO:

​

  • ARTI MAGGIORI (figurative) pittura, scultura, architettura;

  • ARTI MINORI (artigianali) oreficeria, ceramica, decorazione, ecc.;

  • ARTI PERFORMATIVE teatro, danza, musica, poesia

  • ARTE DI PAROLA letteratura, poesia

 

ARTE COME FORMA DI MEMORIA

​

L’arte è una memoria esterna alla mente (ma quindi è anche l’inconscio fuori da noi).

​

PLATONE – IL MITO DI TEUTH

​

MNEMOTECNICA – SIMONIDE – GIORDANO BRUNO

​

ARS OBLIVIONALIS (U.ECO) - SIMONIDES REDIVIVUS

 

EPIGRAFI LATINE – SHAKEASPEARE - FOSCOLO – SPOON RIVER

​

​

RAPPRENTAZIONI DELLA MEMORIA IN PITTURA

​

 

MYSE-EN-ABIME

 

LEOPARDI – L’INFINITO

​

MARCEL PROUST, LES PETITES MADELEINES

​

 

LA MEMORIA NELL’ARTE CONTEMPORANEA

​

GUPTA – MEMORY

​

SHOA MEMORIAL

​

DESERTO DEI TARTARI – GODOT

 

ARTE – MEMORIA - EROS

​

FEDRO – CANTICO DEI CANTICI

​

bottom of page