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Avevamo detto che ci sono tre maggiori fonti sulla memoria nella nostra cultura, queste sono

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1) il DEUTERONOMIO, un libro della Bibbia che potrebbe essere sintetizzato dall’appello “Ricordati, Israele”: Israele non dovrà mai scordarsi di Dio e di ciò che Dio ha fatto per il suo popolo. È una memoria che vive nel presente e informa tutta  la vita dell’ebreo;

2) LODISSEA, uno dei due poemi omerici (l’altro è l’Iliade) che ha costituito lo spirito greco: l’ Odissea è il poema del ricordo come nostalgia e desiderio, innanzitutto dei padri verso i figli e dei figli verso i padri. L’Odissea è anche il poema in cui memoria e riconoscimento si rivelano come due facce di una medesima medaglia;

3) PLATONE e, in particolare, la sua dottrina della reminiscenza  (che, vedrete, ha molto a che vedere con l’ Odissea)

Platone

  • Nasce ad Atene nel 427 a.C. da famiglia aristocratica di grande tradizione

  • Il suo vero nome è Aristocle (Platone è un nomignolo datogli dal maestro di ginnastica)

  • Si forma come tutti gli aristocratici ateniesi, studiando poesia, musica, pittura e facendo sport (pratica il pancrazio che era una specie di kick- boxing)

  • Nel 407 a  venti anni diventa allievo di Socrate.

  • Nel 399 Socrate viene condannato a morte (accusato di empietà ma si tratta alla fine delle epurazioni che seguono il governo collaborazionista dei Trenta). Con altri allievi di Socrate, Platone si rifugia a Megara.

  • Per un po’ di anni viaggia molto.

  • 387 fonda una scuola: Accademia (a metà tra un monastero medioevale and un think-tank americano)

  • Tra il 388 a. C. e il 360 a. C.  è coinvolto  nella politica di Siracusa dove compie tre viaggi, uno finito peggio dell’altro

  • 347 muore all’età di ottantuno anni

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Platone è il primo a rendere famosa la parola filosofia (filo=amore + sofia=sapienza, quindi amore per la sapienza) però non fate mai l’errore di pensare che Platone (e così tutti i “filosofi” sino a Kant) sia un filosofo nel senso moderno del termine. Il filosofo come lo si intende oggi (un signore che si guadagna il pane scrivendo libri ed insegnando all’università, che parla di storia della filosofia e di problemi che di solito non hanno nulla a che vedere con la vita “reale”) nasce nel 1700 con Kant, prima di allora non esistono i filosofi “professionali”, Cfr Promessi Sposi, Capitolo XXVII

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In estrema sintesi (Platone fonda tutto il pensiero dell' Occidente per cui capite bene che non se ne può parlare se non in un modo molto generale, però cercheremo di farlo in maniera corretta):

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  1. Platone è un aristocratico interessato a fornire una teoria razionale del buon governo e per far questo vuole definire cosa siano  il bene, il giusto, il vero, ecc.

  2. Platone non è un filosofo in senso moderno; per Platone filosofo è colui che ricerca la sapienza, ma la ricerca in quanto politico, o in quanto medico, o in quanto scienziato, ecc. Cioè l’idea che possa esistere la “professione del filosofo” è la cosa più lontana possibile da Platone (gli unici “filosofi professionali” che Platone conosce sono i sofisti, che lui considera grossomodo come delle “Vanna Marchi”)

  3. Platone non ha niente a che vedere con teorie fumose o misticheggianti: l’Accademia non è un cenacolo di poeti, ma è un centro studi che prepara bozze di costituzioni e leggi e ha come obiettivo formare “una classe dirigente”. 

  4. Ciò non toglie che Platone, come tutti i greci e in particolare i greci aristocratici, sia  PROFONDAMENTE religioso e ami  l’arte in tutte le sue forme, in particolare la musica (che Platone disprezzi le arti e il teatro è una solenne stupidaggine anche se la trovate in gran parte dei manuali) 

  5. Se c’è  qualcosa  invece che Platone per davvero disprezza e  non sopporta  sono il cattivo gusto e la volgarità, che, da un punto di vista politico, per lui coincidono con la democrazia parolaia e cialtrona

Inconscio e memoria in Platone: la teoria della reminiscenza

Una delle teorie più importanti di Platone, la teoria della reminiscenza, è forse la prima teoria scientifica su inconscio e memoria.  Vi darò indicazione dei testi dove trovarla descritta.

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Platone non ha certezze dogmatiche e ricorre molto a miti e simboli per spiegarsi, per di più questi testi che vi propongo sono stati scritti nell’arco di più di trent’anni, per cui non stupitevi se non troverete una coerenza assoluta

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EUTIDEMO (dialogo scritto  prima della fondazione dell’Accademia, cioè prima del 387  – divertente da leggere ma si corre il rischio di non capirci niente perché è una disfida a colpi di paradossi tra Socrate e due sofisti). Il problema che ci interessa è:

  • I due sofisti costruiscono paradossi attorno: impara solo chi è già sapiente? Impara solo chi è ignorante? Si impara quello se non si sa o quello che si sa già?

  • quello su cui Platone vuole richiamare la nostra attenzione è: “Come si fa a conoscere qualcosa di completamente ignoto? Ci deve essere sempre una conoscenza previa per apprendere qualcosa?”

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MENONE  (dialogo scritto da Platone grossomodo nel  periodo in cui fonda l’Accademia, è una sorta di sintesi di tutti i temi platonici, leggibile anche da chi non conosce Platone  ma con un po’ di difficoltà)

  • QUI PLATONE RISPONDE ALLA DOMANDA LASCIATA APERTA DAL DIALOGO PRECEDENTE: conoscere significa  (ri)conoscere? Sì, quindi il conoscere equivale a ricordare.

  • Esistono due tipi di ricordi (1) quelli legati all’esperienza (2) quelli di cui non possiamo avere fatto esperienza e che sono innati. 

  • Platone pensa che le nozioni empiriche possano essere insegnate (dal latino tardo insignare 'incidere, imprimere dei segni', (sottinteso, nella mente), composto da in- e signare) ma che i concetti debbano essere tirati fuori dalla mente (dove già esistono) tramite l’educazione (ex- ducere: confurre fuori, estrarre)

  • Cioè Platone dice che tutti noi usiamo INCONSCIAMENTE alcuni  concetti basilari  senza che nessuno ce li abbia mai insegnati, abbiamo idee che fungono da fondamento per tutti i nostri pensieri che però non abbiamo mai appreso da nessuno. Del resto, come sarebbe possibile apprendere senza avere già una memoria preesistente?

 

STATE ATTENTI PERCHE’ QUESTO È IL PASSAGGIO LOGICO FONDAMENTALE. Platone dice

1) non si può conoscere partendo da un grado zero assoluto. È indispensabile avere alcuni concetti di base senza i quali risulta impossibile riconoscere e organizzare le sensazioni

2) questi concetti non nascono con l’esperienza perché sono le condizioni per fare esperienza, però tornano alla mente tramite le sensazioni e l’esperienza. Vedo un cane che mi richiama alla memoria un altro cane, confrontando il cane della sensazione e quello del ricordo, richiamo alla memoria anche  la nozione INNATA  di simile e  dissimile, che, a sua volta, mi permette di generalizzare l’idea di cane - Cfr.  Videmus nunc per speculum in enigmate, tunc autem facie ad faciem  Ora vediamo le cose attraverso uno specchio, per enigmi, ma un giorno le vedremo faccia a faccia (Cor I,13,12)​

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  • Quindi vuol dire che ci sono idee che uno conosce prima di nascere, si scorda, ma non sono cancellate del tutto: restano nella memoria e sono richiamate alla mente (anamnesi)  dalle sensazioni

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  • A QUESTO PUNTO PLATONE USA UN MITO, CIOE’ UNA STORIA POETICA. Platone racconta che le anime esistono prima della nascita, e che prima della nascita conoscono il mondo dei concetti.

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FEDONE (dialogo composto al 380 quindi del Platone maturo. Bellissimo, le ultime pagine che descrivono la morte di Socrate sono un capolavoro della letteratura mondiale). Racconta le ultime ore di vita di Socrate, condannato a morte, che conversa con gli amici. Temi sulla memeria

  • La vera conoscenza è reminiscenza

  • Il ricordo agisce proprio come nell’episodio della madeleine di  Proust  - tutto nasce da una sensazione che richiama in vita un ricordo, che genera cioè una reminiscenza(anamnesi), che torna a far vivere il ricordo  tramite somiglianza o dissimiglianza

  • Questo ricordo è ricordo di qualcosa che abbiamo appreso in un’altra vita

  • FATE ATTENZIONE CHE LA CONOSCENZA NON SI ESAURISCE NELLA SENSAZIONE MA ORIGINA DALLA SENSAZIONE, CHE SI UNISCE SUBITO AL RICORDO, E GENERA LA REMINISCENZA (UNA MEMORIA CHE TORNA A VIVERE NEL PRESENTE, CHE CI FA RIDERE, PIANGERE, CI SPAVENTA, CI RATTRISTA, CI FA VENIRE FAME O VOGLIA DI FARE L’AMORE: CIOÈ CHE MODIFICA IL NOSTRO STATO EMOZIONALE E FISICO):

  • Non tutti sanno rendere ragione di ciò che si ricordano, in molti rimane un’intuizione, ma tutti hanno di necessità reminiscenza delle cose apprese prima di nascere

  • Come nel MENONE Platone usa la sua teoria della reminiscenza per fondare l’immortalità dell’anima, però state attenti LA REMINISCENZA REGGE ANCHE SENZA LA NECESSITÀ CHE L’ANIMA SIA IMMORTALE. In fondo la teoria dice soltanto che nasciamo con alcuni concetti base preformati, tutto il resto è “mito platonico” (e Platone lo sa benissimo, meglio di noi).  

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FEDRO (scritto attorno al 370, quindi da un Platone sulla soglia dell’età anziana, a 57 anni. Forse il dialogo più bello di Platone. Bisogna provare a leggerlo a tutti i costi; ci sono ragionamenti non sempre semplicissimi e contiene molti temi diversi, tutti uniti dal tema di eros, della divinità e della bellezza).

  • È il libro platonico della memoria e non è per caso che è anche dedicato all’amore alla bellezza: senza memoria noi non conosceremmo né bellezza né amore

  • Il mito delle idee-reminiscenze:  le anime prima di incarnarsi sono vissute in un mondo senza tempo dove “vivono” i modelli eterni di tutto ciò che esiste (le famose “idee platoniche”). Una volta incarnate nel corpo, le anime serbano memoria di questi modelli e li (ri)conoscono come componenti degli oggetti sensibili di cui fanno esperienza. State attenti che questo è un mito, per cui cosa Platone  pensi davvero non è facile dirlo. È un po’ come se Einstein avesse spiegato la teoria della relatività generale usando immagini poetiche invece che un rigido formalismo matematico (in fondo la teoria della relatività nasce dallo Zohar, il libro della luce, uno dei più importanti testi della mistica ebraica).

  • La contemplazione di questi modelli perfetti come forma di innamoramento

  • La critica della scrittura e il mito di Teuth.

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LIBRO X – REPUBBLICA (MITO DI ER) (La Repubblica è un dialogo della maturità, un vero e proprio trattato sul governo della città. Il Libro X è quello finale in cui racconta il mito delle anime, che è un po’ diverso da quello del Fedro).

  •  le anime sono soggette a cicli di reincarnazione. Dopo la morte – a seconda della vita che hanno condotto e delle esperienze che hanno avuto, scelgono la nuova vita  in cui reincarnarsi. Poi bevono l’acqua del fiume Amelete che cancella ogni ricordo  delle esperienze passate ma fa solo dimenticare (non cancella) il ricordo dei concetti appresi. Così ciascuno di noi quando nasce ha ricordi (dimenticati ma non cancellati) di concetti, più o meno a seconda che nelle vite precedenti si sia interrogato sui concetti o no. Se nelle vite precedenti io ero un beone e goloso interessato solo al cibo e al vino, avrò ben poche idee preformate da richiamare alla memoria; se invece ero un matematico, avrò “intuizioni” matematiche più facilmente (ciò non toglie che se poi non le sviluppo e coltivo, posso diventare lo stesso  un individuo ignorante e rozzo)

Se il Fedro è il libro della memoria, questo è il libro dell’oblio, cioè di come le anime scordino tutte le loro esperienze prima di reincarnarsi. 

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FILEBO (scritto dopo il 365 a.C. quindi dell’ultimo periodo – tra quelli che tratteremo è sicuramente il più difficile, non vi consiglio di leggerlo se non vi sentite tranquilli di capire Platone)

  • Quello che pensiamo è una mescolanza di sensazioni e memoria (Filebo 39A)

  • Sensazione e memoria sono le due facce di una stessa medaglia

  • Le cose sono quindi contemporaneamente una e molteplici (questo è quello che dirà la psicoanalisi quando dirà che ogni contenuto mentale è sovradeterminato e condensato)

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In conclusione:

  • La teoria delle reminiscenza è fondamentale in Platone, la teoria delle idee molto meno, è più che altro un mito che Platone usa per spiegare, dare un fondamento verosimile, alla reminiscenza. Platone ci dice: noi nasciamo con delle idee preformate (cioè nasciamo già con ricordi) e questo – per lui – è un fatto “scientifico”, evidente, non contestabile (ANCHE PERCHÉ SENZA UN FONDAMENTO DA CUI INIZIARE NON SAREBBE POSSIBILE MAI CONOSCERE NULLA). Poi aggiunge: è un po’ come se esistesse un mondo immateriale fuori di qui,  da cui noi traiamo i nostri ricordi; questo non è più un fatto scientifico ma è una bella storia soltanto verosimile, non necessariamente vera (Platone lo dice espressamente in un dialogo, il Timeo, e lo dice alla fine del FEDONE).

  • La teoria che esistano idee innate (ricordi che non nascono con una nostra esperienza ma che sono precedenti a noi) continua ad essere filosoficamente e scientificamente importante anche oggi, seppure  nessuno – o ben pochi – creda nel mito platonico del mondo delle idee. Ad esempio, iniziando con Kant, molti filosofi e psicologi pensano che le idee di tempo e spazio non provengano da una qualche esperienza  ma che siano forme della conoscenza innate; alcuni linguisti pensano che esistano strutture grammaticali innate trasmesse biologicamente che permettono ai bambini di apprendere il linguaggio; molti psicoanalisti, compresi Freud  e Jung e le loro scuole,  pensano che esistano contenuti psichici trasmessi “geneticamente”; l’esistenza di una trasmissione genetica di contenuti mentali è anche studiata dalle neuroscienze, ecc.

  • FATE ATTENZIONE, la cosa veramente importante è che per Platone, alla fine, siamo tutti un po’ come Odisseo: siamo viaggiatori di un viaggio di ritorno, guidato dalla nostalgia e dal ricordo. Dio è la nostalgia di Dio e la verità è la nostalgia della verità. Eros è figlio di Poros e Penia, il desiderio – secondo Platone – è assenza e ricordo. Potrebbe anche essere un viaggio che non arriverà mai da nessuna parte. Non ci sono garanzie se non la nostra capacità di innamorarci e la nostra intelligenza, che però ci mettono sempre in bilico tra realtà e favola. 

Inconscio e memoria nella psicoanalisi

L’inconscio è una memoria di cui non siamo consapevoli, cioè una memoria che non è (ancora, mai, o più) giunta ad essere cosciente. La nozione di inconscio NON È stata inventata da Freud, si può anzi dire che gli esseri umani l’hanno sempre conosciuta, Cfr. Il mito del taraxippos e gli dei nei poemi omerici, Platone, Davide e il profeta Natan, il tondo Doni, Rosso Fiorentino,  la luce in Caravaggio. Prima di Freud, è stata usata da importanti filosofi del 600 (ad es. Leibnitz, Malebranche).

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Noi non faremo una storia dell’idea di inconscio. La novità dell’approccio freudiano è quella di considerare l’inconscio come una MEMORIA DINAMICA, cioè una memoria che ha una sua “vita  autonoma” e che “preme” per esprimersi (cfr. G.Belli, La Verità).  Freud distingue tra inconscio individuale, che è memoria individuale, e fantasie originarie (urphantasien), che sono una memoria filogenetica (cfr. Totem e Tabù). Jung introduce il concetto di inconscio collettivo,  fatto di archetipi metastorici.  Negli anni 1970-80, anche la psicologia cognitiva ha “scoperto” la nozione di inconscio e parla di “inconscio cognitivo”.

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Senza considerare la prospettiva dello sviluppo storico del concetto, si può distinguere tra INCONSCIO NON RIMOSSO e INCONSCIO RIMOSSO

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INCONSCIO NON RIMOSSO: si tratta di contenuti psichici che non sono mai transitati per la coscienza, cioè che sono sempre stati inconsci. Possono comprendere (a seconda delle teorie):

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INCONSCIO RIMOSSO:  ricordi che sono stati coscienti e che successivamente sono stati allontanati dalla coscienza e sono ATTIVAMENTE tenuti lontano dalla coscienza, secondo Freud sono memorie semantiche (da qui prende le mosse Lacan). Tendono a riaffiorare alla conoscenza attraverso:

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Secondo Freud la caratteristica fondamentale di tutti i processi inconsci sono tre:

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  • ATEMPORALITÀ - l'inconscio è una memoria che non viene danneggiata dal tempo

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  • ASSENZA DEL PRINCIPIO DI NON CONTRADDIZIONE - l'inconscio è una memoria incoerente e multipla

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  • SPOSTAMENTO E CONDENSAZIONE (METAFORA E METONIMIA) - l'inconscio è una memoria simbolica

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