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Vaccini, movimenti anti vaccinazione e comunicazione

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Sino dall’introduzione del primo vaccino, con Jenner, la pratica vaccinale è stata oggetto di controversie. Tuttavia, dopo i grandi successi su scala mondiale nella seconda metà del secolo scorso e i progressi nelle conoscenze immunologiche, le diffidenze nei confronti dei vaccini sembravano per sempre superate. Non era così, l’inizio del nuovo millennio ha visto sorgere una nuova ondata di paure e apprensioni connesse ai vaccini. La riluttanza a vaccinarsi, e persino l’obiezione e il rifiuto vaccinale, hanno contagiato settori estesi della popolazione nelle società industriali e, in parte, anche in quelle a basso sviluppo economico. Mentre l’attivismo anti-vaccinale, i cosiddetti “movimenti anti vaccinazione”, rimangono indubbiamente un fenomeno limitato, non altrettanto si può dire per una diffusa e vaga sfiducia, che spesso si concretizza in un’ esitazione a vaccinarsi, soprattutto nel caso dei vaccini infantili e di quelli, come il vaccino antiinfluenzale, che non vengono percepiti sufficientemente “importanti”. L’esitazione a vaccinarsi fa parte di una più vasta sfiducia nei confronti degli attori istituzionali e dell’industria farmaceutica, considerati poco affidabili e minati da conflitti di interesse.  Questa crisi di fiducia si ripercuote inevitabilmente sulla sfera politica, che, per compiacere settori dell’elettorato, a volte finisce per far proprie le esitazioni anti-vaccinali. Il risultato è quello di creare un circolo vizioso in cui false credenze, pseudoscienza, cattiva medicina, demagogia, si rinforzano a vicenda.

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La maggiore difficoltà ad affrontare questo problema nasce dal cambiamento epocale che si è verificato in questi anni nella percezione collettiva di cosa siano vero e falso. La rivoluzione post-moderna, che sembrava coinvolgere soltanto le élite intellettuali, si è invece dimostrata una tendenza di massa: sempre di meno le persone si interrogano sulla verità dei messaggi che ricevono, sempre di più sono interessate alla plausibilità narrativa della comunicazione. Ciò che rende credibile un messaggio non è il suo contenuto fattuale, ma il fatto che provveda una storia soddisfacente, che fornisca spiegazioni in accordo con la visione del mondo dell’ascoltatore.  In questo senso, le storie diffuse dai movimenti anti-vaccini sono difficili da contraddire. Ad esempio, davanti all’emergere di una nuova malattia infettiva, la scienza non può che fornire spiegazioni parziali, punti di domanda, interrogativi; i sostenitori di teorie pseudoscientifiche propongono invece spiegazioni ricche ed articolate, storie moralmente significative in cui agiscono “cattivi” (solitamente le grandi case farmaceutiche e gli scienziati al loro soldo) e i “buoni” (loro stessi). Si può contrastare questo tipo di comunicazione soltanto facendo appello a informazione corretta e educazione? La risposta è no.

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L’idea che pazienti, cittadini e famiglie abbiano semplicemente bisogno di informazione appropriata e educazione medico-scientifica è ingenua e parziale. Indubbiamente, informazione appropriata e educazione medico-scientifica – così come interventi giudiziari laddove si arrivi al ciarlatanismo – sono importanti, ma non sono sufficienti. La ricerca più recente sull’esitazione vaccinale dimostra come forme di diffidenza nei confronti della cosiddetta “medicina ufficiale” siano più frequenti negli strati economicamente avvantaggiati e che godono di una buona educazione scientifica. Questo vale a livello di singoli paesi e nell’insieme dei paesi sviluppati: ad esempio, non è un caso che, in Europa, il paese con un più alto tasso di esitazione vaccinale sia la Francia, che è anche uno dei paesi con un maggiore tasso di sviluppo e scolarità scientifica. Questo dato si sposa con quello analogo degli Stati Uniti, dove la California è lo stato in cui l’esitazione vaccinale, e i movimenti anti-vaccinazione, sono maggiormente presenti. È necessario, quindi, andare oltre l’educazione per trovare un modo efficace per comunicare con pazienti e cittadini, con la consapevolezza che ciò di cui essi hanno bisogno non è soltanto informazione “vera”, ma anche informazione che fornisca loro il senso e significato di ciò che vedono.  

In questo scenario, il ruolo dei medici di base e del personale di sanità pubblica è cruciale. Da una parte, tutti gli studi hanno dimostrato che medici di famiglia e personale sanitario godono di grande stima e fiducia, essendo considerati dai cittadini la principale fonte di informazione sanitaria attendibile; dall’altra, la medicina di base e dei servizi è probabilmente l’osservatorio migliore per cogliere il sorgere e svilupparsi di nuove tendenze, paure, credenze e diffidenze nella popolazione. È allora giunto il momento per una piccola rivoluzione copernicana nella comunicazione sanitaria: invece di proseguire in una pratica “top-down”, in cui la comunicazione è decisa da pochi esperti, perché non provare modelli “bottom-up”, coinvolgendo medici di base e personale sanitario nell’elaborazione delle strategie di comunicazione?

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Il Seminario di aggiornamento su VACCINI, MOVIMENTI ANTI-VACCINAZIONE E COMUNICAZIONE si propone di sviluppare un approccio “bottom-up” alla comunicazione su vaccini e vaccinazioni. La riunione, promossa nell’ambito del progetto europeo COMPARE, che coinvolge trenta centri di eccellenza europea dedicati alle malattie infettive ed epidemie emergenti, ha come obiettivo informare i medici di base e dei servizi e il personale sanitario sullo stato attuale del dibattito scientifico sulla comunicazione sanitaria e le cosiddette “fake news” e stimolare una riflessione dal basso, multidisciplinare, sulla comunicazione concernente vaccini e vaccinazioni.

 Il seminario è articolato in due distinti momenti. Una prima parte sarà dedicata alle relazioni di un gruppo ristretto di docenti di formazione medica. Seguirà una tavola rotonda aperta al contributo del pubblico che vedrà la partecipazione di giornalisti, filosofi, sociologi, rappresentanti delle istituzioni. Al termine della tavola rotonda, un piccolo rifresco offrirà l’occasione per continuare in modo più informale e diretto la conversazione tra pubblico e relatori.  

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